Mostra menu principale
Simbolismi nell’aikido

Simbolismi nell’aikido

L’aikido è intriso di esoterismo, di simbolismi cosmici, di forme religiose che danno a questa disciplina un contenuto spirituale superiore a qualsiasi altra arte di difesa.

II Buddismo Zen insegna: riflettere sui propri passi.

Con tali parole ammonisce di controllare sempre se i nostri piedi poggiano bene sul terreno e se conosciamo la direzione degli stessi. Praticare così l’aikido non è solo conoscere la sue tecniche, che sono necessarie per lo sviluppo armonico delle nostre azioni, ma approfondire anche l’aspetto filosofico del suo insegnamento, assimilando i suoi simbolismi, per capire come e dove quest’arte vuole condurci.

È un cammino arduo, in parte materiale ed in parte spirituale e la sua finalità non è nè la violenza nè l’utilizzo della forza bruta, ma il rispetto verso tutti gli esseri viventi.
La continua disciplina del corpo e della mente porta a perfezionare il carattere e la personalità, dando sicurezza, autoconoscenza e controllo sulla propria vita.

L’aikido è ricco di simbolismi, anche perché intimamente legato alle forme filosofico-religiose cino-giapponesi.

Ne prenderemo in considerazione alcuni.

Cintura

Poche persone si saranno domandate quale sia il vero significato della cintura e cosa rappresenti. Comunemente la stessa è intesa come il grado di conoscenza tecnica acquisita in quest’arte. Non è mai considerata invece come la sommatoria della tecnica, della condotta, dell’equilibrio, della preparazione filosofica e della morale dell’individuo che la indossa, nonché della sua progressione permanente e continua verso la conoscenza e la saggezza. La cintura è innanzi tutto un capo di vestiario che serve a tenere ben stretta la giacca dei kimono. I rapidi movimenti di rotazione e spostamento previsti nell’aikido mal si combinerebbero con un abbigliamento troppo largo e disordinato. Diverso e invece, ad esempio, il concetto dell’abbigliamento del judoka, dove l’ampiezza del kimono impedisce, all’avversario, l’applicazione rapida di numerose tecniche previste in questo sport.

La cintura è inoltre utilizzata per centrare la quadratura del corpo. È indossata più in basso dei fianchi, affinchè il nodo corrisponda alla metà del “tanden” (bacino), in prossimità dell’hara, il centro delia vita, nella concezione filosofica orientale.

Simbolicamente la cintura è invece considerata come l’Io individuale, cioè quel processo che si sviluppa gradualmente con la maturazione soggettiva, con l’esperienza e mediante l’identificazione.

In psicologia l’Io è la relazione che passa tra le funzioni individuali e l’ambiente. È un esecutore delle pulsioni dell’Es ma nello stesso tempo le domina. Prende per sé l’energia delle pulsioni, controllando le medesime affinchè il piacere che provoca lo scarico pulsionale avvenga in tempi e luoghi più opportuni. Tutto ciò attraverso una serie di meccanismi (rimozione, repressione, formazione reattiva, annullamento, proiezione, sublimazione, ecc. ) che fanno crescere e maturare il soggetto, affinchè lo stesso si inserisca senza eccessivi traumi, nella società che lo circonda.

Il nodo della cintura rappresenta la nostra decisione di proseguire verso la conoscenza materiale prima e spirituale poi, per arrivare all’armonia con il cosmo.

I due estremi del nodo sono, in aikido, posti verso il basso a significare la flessibilità di quest’arte. Nei judo, invece, gli estremi sono tirati di fianco per simboleggiare la risolutezza delle azioni.

Hakama

Veniamo ora all’altro capo di vestiario previsto in chi pratica aikido: l’hakama.

Questa gonna-pantalone che il samurai indossava particolarmente quando si esercitava e che è poi diventata un costume tradizionale, ha un particolare significato. Innanzi tutto non era solo nera ma dei più svariati colori. Questo era dovuto al fatto che il Daimyo, il signore per il quale lavorava e per il quale dava anche la vita, elargiva un salario molto basso, sufficiente appena a cibarsi. Armi, protezioni varie ed indumenti erano così sottratti al nemico vinto ed utilizzati come propri.

Nei dojo si utilizzano oggi, generalmente, blu scuro e nero dal 1° Dan e di colore bianco per i Kyu. La maggiore parte dei dojo utilizzano tuttavia solo le nere per i Dan, mentre i Kyu indossano solo il kimono o meglio il gi (pronunzia ghi). E’ una questione economica per alcuni, di prestigio per altri.

L’hakama è comunque parte del costume di colui che pratica aikido e non si comprende quindi, perché i Dan la debbano indossare ed i Kyu ne siano esclusi. Viene forse esclusa ai principianti di altre discipline marziali quali il kendo, il kyudo, lo iaido, il jodo o il naginata? L’hakama è un simbolo, non solo l’antico vestito formale dei giapponesi e come tale tutti debbono, sin dall’inizio, cercare di utilizzarla e comprenderne il significato.

Innanzi tutto il colore più usato è il nero e questo non a caso. Il nero è, sotto il profilo psicologico, il colore che più incute timore, che più induce alla distanza, che più fa desistere un ipotetico avversario da azioni avventate. Nella filosofia taoista inoltre il colore nero è attribuito all’acqua (uno dei 5 elementi del mondo sensibile) e l’acqua, per la sua fluidità e flessibilità è proprio il simbolo dell’aikido.

L’hakama, come sanno coloro che praticano aikido, ha delle pieghe sia davanti (6) che dietro (2). Orbene, secondo una tradizione taoista, esse rappresentano gli otto venti della terra, le otto regioni concrete dello spazio, gli otto movimenti direzionali fondamentali “happo undo” nonché gli otto punti considerati vitali del corpo umano (la base del naso, il plesso solare, lo sterno, la terza vertebra cervicale, la settima dorsale e la quarta lombare, tutte non protette da grosse fasce muscolari, la carotide con la vena giugulare, la zona ipogastrica e quella genitale.). Zone tutte che se colpite con atemi di particolare forza ed inclinazione provocano il decesso.

Alcuni studiosi orientali hanno voluto dare un altro significato alle pieghe dell’hakama, raggruppandole in 5 anteriori (la sovrapposta centrale è considerata una) e due posteriori. Questo per ricollegare il tutto agli elementi in cui è diviso il mondo nella filosofia buddista e taoista: terra, acqua, fuoco, legno e metallo. Questi, per effetto di una volontà eterna e senza tempo, interagiscono nello spazio (cielo,aria) per effetto dei calore (sole, luce). Cosicché si ha che il fuoco è spento dall’acqua, la quale è assorbita dalla terra, che alimenta il bosco, che è distrutto dal metallo, che è fuso dal fuoco.

Come le pieghe si vogliano interpretare ha tuttavia poca importanza. Il significato che si vuole loro attribuire è sempre ricollegato alla misticità della filosofia orientale. Importante è invece riconoscere che esse vogliono rappresentare qualche cosa e che l’hakama non è quindi un semplice indumento.

Anche l’hakama ha un nodo particolare che viene posto al centro del basso venere a simboleggiare il punto del “Ki“. Si parla molto di questa energia che tutti noi abbiamo, che è difficile da localizzare e da esternare, ma che esiste e si può canalizzare.

Molti maestri asseriscono che questo “Ki” (sia tagliente che irradiante) si sviluppa attraverso tecniche respiratorie, altri attraverso la continua ripetizione degli esercizi fisici, altri attraverso la concentrazione.

Saranno senza dubbio considerazioni vere, ma sono di difficile comprensione, perché questa strana energia, questo fluido che ci pervade non si vede ed il più delle volte viene confuso, da parte di chi asserisce di utilizzare l’energia del “Ki“, con la mera potenza fisica. Descrivere con parole comprensibili questa forza non è quindi semplice.

Tutti noi sappiamo che l’atmosfera che ci circonda è un fluido in continuo movimento. Quest’ultimo è causato dal diverso assorbimento della radiazione solare tra l’equatore ed i poli. Un movimento che avviene con traiettorie ad onda e che permette il grande scambio di energie tra i due punti sopra indicati. Abbiamo così i venti, le piogge, le stagioni che sono in definitiva gli elementi che danno vita alla terra.

L’uomo è così circondato da una energia cosiddetta cosmica, sopraindicata, e dal fluido determinato dall’energia soggettiva, cioè il movimento del sangue che crea calore e quindi quell’alone attorno al corpo noto con il nome di aura. Tra queste due energie vi è un continuo movimento, un continuo scambio di fluido celeste-terrestre, che rappresenta la vita stessa dell’uomo.

A questo punto si potrebbe avere capito che cosa si intende per energia ma il difficile è comprendere come onesto”fluido cosmico” possa essere canalizzato al fine desiderato.

La filosofia taoista considera il “corpo” umano intimamente ed indissolubilmente unito allo spirito, alla mente, all’energia cosmica. Solo il corpo fisico ha dei limiti, la mente può navigare nel tempo,ricordando il passato o immaginando il futuro. Non esistono confini al suo potere.

Orbene, attraverso tecniche di profonda meditazione con le quali la capacità di concentrazione arriva agli estremi, è possibile respirare con qualsiasi parte del corpo. L’aria penetra fisicamente sempre dal naso e dalla bocca, ma con la mente l’aria può essere assorbita dalle mani, dai piedi o da qualsiasi altra parte.

È una forma di training autogeno con il quale è lo spirito che comanda ed il corpo esegue senza la minima opposizione. Così è possibile vedere attraverso una mano ed udire con un piede ed è anche possibile assorbire l’energia cosmica canalizzandola su uno o più punti del corpo. La meditazione, abbinata ovviamente a tecniche respiratorie, sembra essere così la matrice del “Ki”.

Può sembrare un’auto ipnosi con la differenza tuttavia che si è pienamente coscienti e forse meravigliati dai risultati che si possono ottenere. Ecco perché l’aikido non ricerca specificatamente l’irrobustimento del fisico e della potenza ma, attraverso la meditazione, l’agilità e la flessibilità, la padronanza nell’uso indirizzato di quella energia precedentemente descritta.

Da quanto sopra esposto risulta evidente che l’aikido è intriso di esoterismo, di simbolismi cosmici, di forme religiose che danno a questa disciplina un contenuto spirituale superiore a qualsiasi altra arte di difesa. Questo affinchè il suo apprendimento diventi con il tempo fonte e modello di comportamento e rettitudine.

Il mondo di oggi ha più che mai bisogno di “veri samurai”, di gente cioè che sappia affrontare con equilibrio la vita, nell’interesse e per il bene comune e che siano esempio di coerenza e saggezza.

L.P.